certificati di origine preferenziale - nuove procedure rilascio

Con la nota prot. 91956/Ru del 30.07.2019 i servizi doganali hanno voluto indicare le procedure corrette per il rilascio dei certificati di origine preferenziale.

 

Si tratta di certificati utilizzati negli scambi mercantili internazionali.  Le merci che possono godere del criterio di origine preferenziale vengono riconosciute e certificate  come tali e successivamente  ammesse nel territorio del paese di destinazione con il diritto alla esenzione parziale o totale dalle misure tariffarie o dai prelievi fiscali altrimenti praticati.

 

Lo scambio mercantile preferenziale  può  avviene fra operatori economici stabiliti in Paesi con i quali l’Unione Europea ha precedentemente concluso:

 

  • un Accordo di Associazione,

  • un Accordo di Partenariato,

  • un Trattato di Unione Doganale

  • o, in via neppur troppo residuale, una isura unilaterale a favore a Paesi in via di sviluppo o di stabilizzazione.

 

La presenza del certificato di origine preferenziale è importante poiché attribuisce una semplificazione consistente in una potenziale detassazione la quale favorisce l’aumento degli scambi e l’aumento della produzione dei prodotti oggetto degli scambi stessi.

 

L’Agenzia delle Dogane è l’autorità competente per il rilascio della certificazione in argomento. Di solito i temi dell’origine preferenziale vengono trattati in occasione del rapporto doganale che sorge quando le merci sono dichiarate in vista dell’esportazione e come tali sono in procinto di lasciare il territorio dell’Unione.

 

Tradizionalmente l’esecuzione degli adempimenti di natura doganale viene affidata allo spedizioniere in quanto soggetto tenuto a procurarsi ogni cosa necessaria ad attraversare la frontiera e giungere a destinazione, portando a termine - quanto più tempestivamente possibile -il contratto di trasporto/spedizione affidatogli.

 

Va altrettanto evidenziato che le PMI italiane sono tradizionalmente orientate a concludere le loro transazioni internazionali sulla base della clausola EXW FCA o simili, pertanto lo spedizioniere viene incaricato dal cessionario estero, e alle esigenze di quest’ultimo lo spedizioniere orienta le sue risorse operative.

 

In queste condizioni operative, l’accuratezza da riservare alla trattazione dell’origine preferenziale  viene talvolta sacrificata per perseguire la duplice esigenza:

 

  • non entrare in contrasto con la speditezza dei traffici (velocità ed efficienza), e

  • non privare il cliente (estero) di un documento importante per la semplificazione\detassazione della transazione mercantile

 

In questo quadro generale gli operatori della logistica hanno offerto il loro migliore impegno, e la loro opera ha consentito di diffondere quanto più possibile gli effetti perseguiti dagli Accordi Internazionali proiettati alla semplificazione e all’intensificarsi degli scambi.

 

Pur tuttavia a seguito dei controlli che derivano dalla “mutua assistenza amministrativa” prevista dagli Accordi stessi è emerso in tutta la sua evidenza il fenomeno dell’emissione delle certificazioni di origine preferenziale rilasciati:

 

  • in totale abuso delle condizioni di origine preferenziale, e

  • spesso senza le necessarie prove documentali sottostanti che l’esportatore è tenuto dichiarare di avere e a conservare per tre (o anche cinque) anni successivi all’esportazione   

 

Del resto il quadro normativo previsto dalla legge doganale nazionale (D.P.R. n. 43 del 23.01.73 artt. 236 e seguenti) prevedeva alcune misure di semplificazione a favore dei soggetti economici (imprese industriali, commerciali e operatori della logistica) a cui erano state riconosciute delle facilitazioni operative nella materiale gestione delle “procedure semplificate”. 

 

Pertanto anche in presenza di rinnovati inviti alla massima accuratezza contenuti nella circolare n.11/D del 2010, le consuetudini introdotte con la legge doganale nazionale consentivano di emettere certificati di origine preferenziale senza un fattivo e concreto controllo “ex ante” da parte delle autorità doganali.

 

Queste consuetudini sono state mantenute in quanto ritenute non in contrasto con il codice doganale dell’Unione Europea nella versione disciplinata dal Reg CE 2913/92.

 

Quest’ultimo provvedimento è stato completamente abrogato dalla riforma introdotta con il Reg. CE n. 952/2013 e quindi anche quelle consuetudini, retaggio di tanti anni precedenti, sono state dichiarate inammissibili in quanto assenti di un sottostante contesto normativo su cui poggiare saldamente.

 

La nota di fine luglio richiama le procedure da seguire affinché gli operatori economici abbiano il modo di ottenere la certificazione di origine preferenziale in tempi e modi appropriati, ma in discontinuità rispetto alle procedure adottate in passato.

 

Restano invece inalterate e in tutta la loro evidenza le esigenze delle imprese produttive che fabbricano o commercializzano i prodotti da scambiare – quanto più intensamente possibile – con i paesi terzi verso i quali esiste un Accordo.  Altrettanto legittima è l’esigenza di veder non ostacolati i flussi di traffico specialmente quelli basati sul pieno  rispetto delle norme, comprese quelle di origine preferenziale.

 

Si tenga presente inoltre che l’Unione Europea ha concluso recenti Accordi di Associazione con  COREA DEL SUD, CANADA e GIAPPONE. Essi costituiscono un spiraglio di ottimismo contro le criticità e le difficoltà derivanti dalle tensioni commerciali sollevate dagli Stati Uniti e da altri Paesi.

 

I succitati  Accordi non prevedono l’emissione di certificati quale prova dell’origine preferenziale, ma sono incardinati sulla responsabilità dell’esportatore che abbia positivamente sostenuto un processo di “audit” curato dall’autorità doganale che gli attribuisce la qualifica di “esportatore autorizzato” o “esportatore registrato”.

 

Ovviamente ogni operatore economico che abbia da concludere una transazione mercantile internazionale deve comunque farsi carico della piena responsabilità che deriva dall’origine preferenziale delle proprie merci, costituendo per questo un potenziale problema ma anche una concreta opportunità di crescita se il fenomeno viene adeguatamente conosciuto prima e gestito poi.

 

Per quanto sopra indicato si ritiene che siano maturi i tempi perché i le PMI italiane si facciano cura della diretta gestione del rapporto doganale che consegue alle loro produzioni da esportare, dialogando direttamente (o attraverso il doganalista di fiducia)  con l’Ufficio Doganale competente quando le merci esistono nel luogo di produzione o di imballaggio finale, sgravando gli spedizionieri\vettori di oneri e adempimenti impropri a cui fino a oggi hanno dato copertura al meglio delle loro possibilità ma senza quella accuratezza estesa di cui siamo (aziende e doganalisti) chiamati in futuro.

 

Serve quindi un approccio diverso, incardinato sull’azione proattiva dell’esportatore in quanto (unico) soggetto in possesso delle informazioni e delle prove documentali idonee a dimostrare l’origine preferenziale di cui si chiede il riconoscimento attraverso il certificato invocato.

 

 

 

Dr. Massimo Longato

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